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Se sembra impossibile allora si può fare. 

"Realizziamo i nostri sogni, affrontando col sorriso ostacoli e paure"


Bebe Vio                   Atleta paralimpica italiana, campionessa di scherma

DATA DI NASCITA
Martedì  

LUOGO DI NASCITA
VeneziaItalia

ETÀ
22 anni




Bebe Vio, il cui nome completo è Maria Beatrice Vio, nasce il 4 marzo del 1997 a Venezia, seconda di tre fratelli. All'età di cinque anni inizia a praticare la scherma, sport che ben presto si trasforma in una grande passione. Nel mese di novembre del 2008, quando frequenta le scuole medie della sua città, Mogliano Veneto, in provincia di Treviso,
La malattia
Bebe Vio viene ricoverata improvvisamente in ospedale a causa dell'acutizzarsi della cefalea e della febbre di cui soffre da qualche giorno. I dottori che la prendono in cura, immaginando di avere a che fare con un caso di sepsi da meningite, decidono di ricoverarla nel reparto di terapia intensiva pediatrica dell'ospedale di Padova. Qui però Bebe arriva quando è già in condizioni gravi.
Nel nosocomio della città euganea i medici si rendono conto di trovarsi davanti a un episodio di meningite da meningococco di gruppo C. In provincia di Treviso nei mesi precedenti esso aveva assunto le dimensioni di una vera e propria epidemia - nonostante ciò Beatrice Vio e i suoi coetanei non erano stati sottoposti alle vaccinazioni contro la meningite eseguite nel 2007 nella zona, in quanto tale campagna era stata destinata unicamente ai bambini di età minore.
La meningite
La forma di meningite contro la quale deve lottare la ragazzina veneta è acuta e rapida. E' per questo che a pochi giorni di distanza dalla manifestazione dei primi sintomi Beatrice è in bilico tra la vita e la morte. Durante i primi giorni di ricovero in ospedale, Bebe Vio è vittima di una crisi settica per colpa della quale ha alcune emorragie interne.
I dottori, nel tentativo di salvarle la vita, prendono la decisione di amputarle le gambe, da sotto le ginocchia. Oltre alle gambe si rende necessaria l'amputazione di entrambe gli avambracci. Con il passare delle settimane le condizioni della ragazza diventano più stabili, pur permanendo serie: saranno in tutto più di cento i giorni passati in ospedale tra il reparto di terapia intensiva e quello di chirurgia plastica.
La meningite lascia sul fisico di Bebe Vio tracce profonde. Non solo le amputazioni degli arti, ma anche molte cicatrici distribuite sul volto e su numerose altre parti del corpo.
Una seconda vita per Bebe Vio
Una volta dimessa dall'ospedale, la ragazza lascia Padova e torna a Mogliano Veneto, dove ricomincia a frequentare la scuola. Avvia la riabilitazione che le è indispensabile, a Budrio, presso il Centro Protesi dell'Inail.
Dopo essersi ristabilita, decide di non tornare a tirare di scherma ma si dedica per un periodo all'equitazione. Ben presto, però, sente il richiamo della pedana, e con l'aiuto dei tecnici delle protesi, dei suoi insegnanti e della sua famiglia, Bebe Vio ricomincia a usare il fioretto.
Negli anni successivi alla malattia Bebe si sposta su una sedia a rotelle, aspettando che vengano sviluppate e realizzate delle protesi che le consentano di muoversi in maniera più disinvolta e con una maggiore libertà. Nel frattempo i suoi genitori danno vita a un'organizzazione non a scopo di lucro, l'Art4sport, pensata per fornire ai bambini che usano protesi di arto, un supporto per integrarsi nel tessuto sociale tramite l'attività sportiva.
Nei primi mesi del 2010 Beatrice Vio riceve le protesi per tirare di scherma, messe a punto dal Centro Protesi di Budrio in collaborazione con il Comitato Paralimpico Italiano. Può, così, fare le prime prove sulla sedia a rotelle. Quell'anno prende parte alla Family Run della maratona di Venezia: nell'occasione, la sua sedia a rotelle viene spinta da Oscar Pistorious, atleta sudafricano paralimpico, simbolo internazionale, ancora non protagonista delle vicende di cronaca nera che lo tormenteranno in seguito.
Successivamente Bebe si allena tra Padova, Bologna e Roma, ricevendo il sostegno di Fabio Giovannini e del polacco Ryszard Zub, due degli allenatori di scherma più famosi al mondo. Viene seguita anche da Alice Esposito e Federica Bertone, le due insegnanti della Scherma Mogliano che si occupavano di lei già prima che venisse colpita dalla meningite.
Più tardi Beatrice diventa la prima atleta di tutto il continente europeo con il braccio armato protesizzato. Desiderosa di prendere parte alle Paralimpiadi di Londra 2012, sceglie di rinunciare all'idea prematura, su consiglio dei suoi allenatori e dei suoi genitori, ma non si arrende. Nella capitale britannica, infatti, è tedofora e porta la fiaccola olimpica in occasione della giornata di inaugurazione della manifestazione, in rappresentanza dei paralimpici del futuro.
Nel 2012 e nel 2013 la ragazza si aggiudica il primo posto individuale ai campionati italiani di categoria B. Dopo aver conquistato il torneo di Montreal e quello di Lonato, sale per due volte sul podio in Coppa del Mondo. Seconda ai campionati mondiali under 17 disputatisi in Polonia, a Varsavia, nel 2014 vince gli Europei sia nel torneo individuale che in quello a squadre, ripetendo il successo l'anno dopo ai Mondiali in Ungheria.
Sempre nel 2015 Bebe Vio pubblica "Mi hanno regalato un sogno: La scherma, lo spritz e le Paralimpiadi", libro edito da Rizzoli che contiene le prefazioni scritte dal presidente del Comitato Paralimpico Luca Pancalli e da Jovanotti.
Bebe Vio campionessa paralimpica
Alle Paralimpiadi di Rio de Janeiro, proprio nello stesso giorno in cui Alessandro Zanardi all'età di quarantanove anni conquista il suo terzo oro paralimpico, Bebe Vio sale sul gradino più alto del podio nella competizione di fioretto, battendo per 15 a 7 in finale una delle favorite, la cinese Jingjing Zhou.
Arriva al successo dopo avere conquistato tutti e cinque gli incontri del girone A per 5 a 0, impresa di cui nessun'altra schermitrice è stata capace. Nel suo percorso ha battuto anche la polacca Marta Makowska per 15 a 6 nei quarti di finale e la cinese Yao Fang, addirittura per 15 a 1 in semifinale (un risultato ancora più clamoroso se si pensa che l'asiatica era una delle candidate più accreditate per la vittoria finale).
Oltre la scherma
Le sue caratteristiche sono quelle di un carattere sempre positivo, grande determinazione, grinta e anche simpatia. Bebe Vio è diventata così anche un personaggio mediatico, capace di sfruttare la sua immagine per dare visibilità alle cause che sostiene. Oltre alla scherma tiene incontri motivazionali in tutta Italia.

LICENZA Creative Commons 2.5
TITOLO DELL'ARTICOLOBebe Vio, biografia
AUTORE DEL TESTORedattori di Biografieonline.it

NOME DELLA FONTE

Biografieonline.it

URL

https://biografieonline.it/biografia-bebe-vio


Chiunque incontri Bebe, o anche solo la veda in tv, rimane incantato dall'energia positiva che sprigiona a ogni parola, ogni gesto, ogni sguardo. Come si spiega questo suo modo di essere che le ha permesso non solo di superare difficoltà apparentemente insormontabili, ma anche di raggiungere eccezionali traguardi sportivi? Si scopre che Bebe affronta ogni genere di ostacolo utilizzando strumenti e risorse che ciascuno di noi ha a disposizione... anche se spesso non se ne accorge nemmeno! Innanzi tutto, Bebe è da sempre consapevole che bisogna trovarsi un sogno da perseguire con la massima passione: per esempio, lei ha iniziato a cinque anni a desiderare con tutte le sue forze di andare alle Olimpiadi. Per raggiungere la propria meta è fondamentale poi imparare a collaborare con gli altri, fare squadra, chiedere aiuto perché «da solo non sei nessuno». Ma ci sono anche tanti altri alleati a portata di mano: l'ironia, la capacità di rimanere "scialli", il saper fare tesoro delle critiche positive stando però attenti a quelle cattive e agli hater. E persino la paura, un'emozione normalissima, può essere gestita: basta sapere come prenderla.Scritto con lo stile spontaneo e frizzante che contraddistingue Bebe, Se sembra impossibile, allora si può fare è una lettura che può ispirare e confortare persone di tutte le età, dai giovanissimi, che possono rispecchiarsi nella sensibilità e nel linguaggio fresco di una ventenne, agli adulti che si trovano a combattere battaglie quotidiane, magari impercettibili agli altri ma ugualmente gravose e impegnative.
La storia di Beatrice Bebe Vio è ormai nota a tutti, e la giovani schermitrice, a soli ventuno anni, è diventata un’icona e una fonte di ispirazione per moltissime persone perché Bebe è un esempio di coraggio, di determinazione e di forza di volontà, gli ingredienti che non le hanno permesso di lasciarsi  vincere dalla sofferenza, dal dolore e dalla disabilità, ma di combattere come una vera leonessa per uscire vincitrice da tutte le sue battaglie, sportive e non.
Ma c’è di più ovviamente: ad esempio, l’ambizione e il desiderio che l’hanno portata a raggiungere la propria meta, quella delle Paralimpiadi brasiliane, elementi fondamentali uniti alla voglia di imparare a collaborare con gli altri, a fare squadra, a non vergognarsi di chiedere aiuto perché “da solo non sei nessuno”.

"Più di tutto, c’è la capacità  di rimanere “scialla”, il saper fare tesoro delle critiche positive capendone l’importanza e imparando a distinguerle da quelle cattive degli haters". Ma Bebe, che certo è super, ma non sovrannaturale, nel suo libro descrive anche l’emozione più normale e umana del mondo: la paura, quella di non farcela, quella da cui spesso si pensa di potersi lasciar sopraffare. Lei racconta il suo personale modo di gestirla, di viverla, di abbracciarla senza per forza respingerla, perché nessuno è un superuomo (o una superdonna).


“Cominciate a cercarvi un sogno perché i sogni sono tutto nella vita. Non è mai troppo tardi per cominciare a sognare”. È questo l’invito che la schermitrice Bebe Viooro alle Paralimpiadi di Rio 2016., rivolge a tutti nel suo nuovo libro Se sembra impossibile allora si può fare. “Non vale accontentarsi, bisogna lottare fino in fondo anche se abbiamo paura – scrive – Il trucco è trasformare la paura in adrenalina, l’adrenalina in cattiveria agonistica e la cattiveria agonistica in felicità. Mettetevi in gioco e non mollate mai”. Nessuno può saperlo meglio di lei, che ha raggiunto quella medaglia dopo un percorso sportivo partito quando era giovanissima. Non l’unico successo, nella sua carriera, arricchita tra vari trionfi tra cui il titolo europeo nel 2014 e mondiale l’anno successivo. Fino al gradino più alto del podio, di nuovo, nel giugno 2016 a Casale Monferrato. Ma la sua non è solo una storia di sport. Colpita da una meningite da bambina, Vio ha subito l’amputazione degli arti ricominciando da zero per prendersi tutto “affrontando la vita col sorriso, gli ostacoli e le paure”. E nell’autobiografia tocca tutti i grandi temi della sua vita, il dramma e la rinascita, la disperazione, i sorrisi e l’altra squadra, quella composta da papà Ruggero e il resto della famiglia.

“Goditi quello che hai perché la vita è una figata” – La storia di Bebe è unica, probabilmente irripetibile, anche se dice di “non sentirsi un marziano” e in lei vince il desiderio di essere da esempio per tanti giovani disabili: “Questa responsabilità mi riempie di orgoglio, di gioia. A volte, però, sono un po’ spaventata della fama che ho raggiunto ma poi penso che, così, posso aiutare tante persone a superare dolori fortissimi, condizioni davvero limitanti. Sempre, però, cercando di avere il sorriso sulle labbra”. Ma capita che la disabilità venga vissuta con sofferenza, angoscia, paura. E infatti, in una delle pagine più forti del libro, la ragazza veneta – che ebbe la faccia tosta di chiedere un selfie a Barack Obama durante una cena alla Casa Bianca – rivive uno dei momenti più delicati che ha vissuto: il pensiero del suicidio.  “È stato di sicuro uno dei momenti più brutti e difficili della mia vita. Ero così disperata che una mattina, mentre mio padre mi medica, io mi metto a gridare: ‘Basta! Fa male! Non ce la faccio più, adesso mi suicido!’”. Ed è lì che interviene papà Ruggero, che insieme alla madre, al fratello e alla sorella costituiscono “l’altra mia squadra”, le hanno dato quella scossa necessaria per voltare pagina, per farle capire l’importanza di vivere. “Goditi quello che hai perché la vita è una figata”, le disse il padre. E quell’espressione oggi è diventata il titolo di un programma in onda su Rai 1 condotto proprio da Vio, eletta nel 2016 “Donna dell’anno” dai lettori de ilfattoquotidiano.it.

La violenza contro le donne: un tema di tutti – Nel libro, la schermitrice racconta anche le altre battaglie personali slegate dalla realtà dello sport. Spiega, ad esempio, di quando “per la prima volta nella mia vita ho deciso di non dire ‘pazienza’” nel giorno in cui ha subìto una minaccia a sfondo sessuale su Facebook, che ha portato a denunciare pubblicamente l’accaduto e le continue violenze che ogni giorno sono costrette a subire migliaia di donne, fenomeni molto diffusi oggi anche sui social. Era il febbraio 2017, quando ha scoperto su Facebook era stata aperta una pagina in cui si invitava alla violenza sessuale nei suoi confronti: “Così ho deciso che non potevo rimanere zitta e sono andata dalla polizia. Insisto su questo – mette nero su bianco una delle più giovani atlete italiane ad aver vinto una medaglia d’oro ai Giochi Paralimpici – ma è un tema che credo sia fondamentale per tutti, non solo per chi usa i social media e si trova ad avere a che fare con i cosiddetti hater. Nessuno ha il diritto di maltrattarvi, nemmeno a parole e nessuno ha il diritto di mettervi i piedi in testa”. Per questo, oltre alla denuncia, Vio ha anche lanciato una campagna per “donare un neurone a un hater”.
“Lo Stato non aiuta a sufficienza le persone disabili” – Ma le denunce di Bebe presenti nella sua autobiografia edita da Rizzoli non finiscono qui. Dal “diritto a vedere realizzati progetti di vita indipendente” per le persone con disabilità, troppe volte costrette a vivere con i propri genitori per mancanza di fondi pubblici di assistenza, così come l’annoso problema della “mancanza di lavoro per i disabili”, emarginati a ruoli di secondo piano se non addirittura abbandonati a se stessi. Oltre alla questione dell’insufficienza di un aiuto economico soddisfacente per i disabili che scelgono di praticare sport a livello agonistico, che “costringe migliaia di persone con disabilità a pagarsi interamente le attrezzature, i trasporti, l’organizzazione delle gare”. Per dare la possibilità ad atleti con disabilità di lanciarsi nel mondo dello sport agonistico, Vio ha fondato Art4Sport, “associazione con il maggior numero di atleti presenti alle Paralimpiadi brasiliane dello scorso anno”, che ha la “missione di supportare le famiglie dei ragazzi per permettere loro di divertirsi quotidianamente attraverso l’attività sportiva”. Il filo rosso del testo continua ad essere incentrato sulla “speranza”, la voglia di “lottare nonostante tutto”, l’importanza di “avere delle squadre attorno alle quali costruirsi una vita migliore”. Poi l’invito, schietto, senza giri di parole: “Non rinunciate al vostro obiettivo per la paura ma fate della paura la vostra forza – scrive – Tutti abbiamo paura delle cose che non conosciamo, e la disabilità non solo è una cosa sconosciuta ma è anche una cosa di cui si ha paura di parlare. Ma io ho deciso di scrivere questo libro per parlarne”.
  1. GenereSport
  2. Editore:Rizzoli
  3. Data uscita:19/10/2017

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